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70 euro ed il benservito

Ho 44 anni e sono disoccupata, o per meglio dire sono tornata ad essere disoccupata, e per entrare ancor meglio nel dettaglio, sono stata licenziata.

Non che il mio “capo”, se cosi si possa definire, fosse Miranda Priestly, ma ahimè aveva in mano tanto di scettro e potere.

Ma riavvolgiamo il nastro e partiamo dal principio …

Una piccola premessa prima di iniziare questo apparentemente fantasioso racconto.

Ho pensato e ripensato per settimane se raccontare o meno la mia storia, la mia esperienza, e se oggi mi trovo qui a condividerla è semplicemente perchè da questo ho imparato che, nonostante il bisogno, non dobbiamo mai sottovalutare la nostra persona al punto di farci trattare come se fossimo nulla, soprattutto da chi è niente.

Ma iniziamo…

Quasi tre anni di lavoro, un lavoro che mi piaceva, poco retribuito, anzi, pochissimo, ma con quel poco riuscivo ad andare avanti, ad arrivare, come si dice, pelo pelo a fine mese, ma solo perchè sono sempre stata molto brava nel gestire anche il poco.

Certo, non posso negare che quello non fosse il mio posto, molto diverso dal mio essere, dal mio modo di pormi ed interagire, ma ho sempre avuto un grande spirito di adattamento, quindi, andava bene cosi.

Il mio ruolo, come quello di chi era lì con me ed è rimasto, non era limitato alla sola mansione lavorativa, eh no …

Ero anche io una sorta di jolly.

Da portantina a montatrice di mobili, da assistenza ad elettrodomestici ad addetta alla spesa, da operatrice problem solver a segretaria di presa appuntamenti, ovviamente il tutto oltre la reale mansione e nelle ore lavorative.

Ma fin qui tutto bene anche se, un bel pò fuori dalla norma.

Andavo avanti senza grandi pretese, mi accontentavo di quel poco, mi ero abituata all’entra ed esci delle persone del posto, e così sono trascorsi quasi tre anni, fino a qualche settimana fa…

La mattina del giorno successivo all’ultima festa, vado come ogni giorno puntuale a lavoro.

Faccio le mie ore lavorative, chiusura all’ora di pranzo, prendo la borsa e vado a casa.

Nemmeno il tempo di mettere la pentola dell’acqua sul fuoco che squilla il cellulare; era il mio “capo” chiedendomi di passare nel pomeriggio anche per soli dieci minuti.

Richiesta ambigua, ma già nella mattinata si percepiva una strana aria.

Nè chi lavorava con me, nè chi era al posto del capo mi rivolgeva parola, gli sguardi erano sfuggenti, testa bassa e occhi rivolti al pavimento, qualcosa puzzava.

Tutti sapevano tranne me!

Mi armo di coraggio e consapevolezza e nel pomeriggio raggiungo nuovamente il posto di lavoro.

Arriva lui, bello bello …

Mi porta nel magazzino del negozio, si mette la mano nella tasca, esce fuori la mia settimana lavorativa non finita, (era un venerdì) pari a 70 euro, e mi da il benservito.

Poche squallide parole “da oggi non lavori più qui”!

Nessun discorso, nessuna parola, dopo quasi tre anni nemmeno un “mi dispiace”. Ma in fondo, cosa potevo aspettarmi da parte di un “uomo”, se cosi si puo classificare, che non prendeva le difese delle sue dipendenti nemmeno quando i clienti erano maleducati, scortesi o insultavano, e  nemmeno quando gli stessi cercavano un “approccio” insistente; per lui si doveva soccombere a tutto questo perché non si poteva rischiare di  perdere il cliente.

Ovviamente,come bene potete pensare ed immaginare, la grande paga del mio “benservito” è finita da un pezzo, ed io come ho sempre fatto,mi rimboccherò le maniche ed andrò avanti seppur ancor oggi inconsapevole di quale sarà nuovamente il mio destino.

Lo so che umanamente parlando non ho perso nulla, perché l’ unica cosa che mi ha insegnato il “capo” e le altre persone con cui ho condiviso questi quasi tre anni , è non essere come loro.

E come si dice, non si smette mai di imparare …

Kiss Kiss

2 pensieri su “70 euro ed il benservito”

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